domenica 3 febbraio 2013

Seminerio - Il fuoco sotto la liquidità, un anno dopo

Viviamo un momento piuttosto particolare, in Eurozona: mercati euforici e fondamentali macro in costante deterioramento. Oggi come un anno addietro di questi tempi, quando scrivevamo questo. Non abbiamo ancora risolto nulla, ma il rischio di morte imminente (quello che i gestori tanto cool chiamano tail risk) sembra scongiurato. Il problema è che, nel frattempo, gli squilibri macroeconomici si allargano e la malattia lambisce ormai la Germania. Il nome del gioco resta sempre quello: comprare tempo, in attesa del messianico settembre 2013, il momento delle elezioni tedesche.

Qualche dato: la Spagna ha ripreso a vendere il proprio debito sovrano a mani basse, su praticamente tutte le scadenze. Eppure la situazione reale del paese continua a peggiorare a vista d’occhio: le ultime stime prevedono, a consuntivo del 2012, un rapporto deficit-Pil ad uno stratosferico 9 per cento, malgrado le continue manovre correttive effettuate in corso d’anno, pari ad un raccapricciante importo di 62 miliardi di euro tra tagli a salari pubblici, sussidi di disoccupazione, spesa per istruzione e sanità. Quest’anno, poi, il rapporto debito-Pil di Madrid è atteso toccare il 97 per cento, secondo stime del Fondo Monetario Internazionale.

Il rendimento del titolo di stato decennale di Madrid è sceso al 4,8 per cento, eppure la produzione industriale sta regredendo all’età della pietra. Questo è il clima surreale che viviamo oggi, dopo la promessa/minaccia di Mario Draghi, ad agosto, e la “benevola negligenza” tedesca a non chiedere nuove correzioni (che probabilmente avrebbero portato ad una rivolta armata nelle piazze europee): un’ossimorica quiete euforica regna in Eurozona, mentre i fondamentali marciscono. Mariano Rajoy fa finta di nulla e procede, ora che gli investitori sono tornati a comprare il debito spagnolo e l’esigenza di chiedere aiuto alla Troika è venuta apparentemente meno. Esattamente come per l’Italia, del resto, la Spagna sta vivendo una disintegrazione macroeconomica ma un aumento di gettito fiscale, in una manovra prociclica che ormai si ripete uguale a se stessa, in attesa della resa dei conti finale.

E mentre da noi si discute di Imu sulla prima casa e crediti d’imposta per tutti senza copertura, a testimonianza del fatto che il signore rende pazzi i paesi che vuole perdere, la poderosa Germania potrebbe aver registrato, nel quarto trimestre del 2012, una contrazione del Pil pari allo 0,5 per cento, a causa soprattutto di una brusca frenata degli investimenti. Se vi pare poco pensate che, secondo il criterio americano, sarebbe un meno 2 per cento secco su base annualizzata. L’anno si chiude con un progresso dell’economia tedesca dello 0,7 per cento, ed un avanzo di bilancio dello 0,1 per cento di Pil. Come noto, i tedeschi possono giocare su più tavoli regionali, hanno una importante presenza in Asia e sono forti esportatori negli Stati Uniti ma resta il fatto che, se l’Europa si sbriciola, difficilmente Berlino potrà pensare di spostare la Cancelleria e i Laender nel Mar Cinese, anche se ora stanno meditando su una nuova stretta fiscale sulla stessa falsariga che li ha portati, nel corso della storia, a combattere guerre sino all’ultimo bambino, proprio ed altrui.

Quindi, in sintesi: ampia e crescente divergenza tra andamento dei mercati finanziari (che beneficiano del mutato clima, almeno per il momento) ed economia reale. In pratica, una delle tante bolle create sinora. Fino al momento in cui bisognerà cercare di riconciliare questa divergenza. Ciò potrà avvenire in due modi: o si chiederanno nuove manovre correttive e giungeremo rapidamente alla fine della nostra civiltà; oppure si prenderà atto che si è sbagliato tutto quello che era possibile sbagliare e bisognerà cambiare paradigma, rinviando il consolidamento di bilancio a ere migliori.

Sempre lì ti aspettiamo, Angela, facci sapere.

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