giovedì 7 febbraio 2013

Siamo sicuri che la Germania sia un paradiso ?

Abbiamo più volte scritto di come i luoghi comuni e la disinformazione, in tempi così delicati, caratterizzati da una gravissima crisi economico-sociale in tutta Europa e dalle elezioni prossime venture, sia un fardello che non ci possiamo permettere, che cambia le regole della democrazia.

i media continuano a propinarci il concetto che il successo della Germania è dovuto alle riforme strutturali, in particolare del mercato del lavoro, che, secondo i soliti soloni del mainstream, i paesi PIIGS non avrebbero attuato, e qui starebbe il loro peccato originale.

Quello che invece tutti quelli un po' più avveduti sanno, è che il successo è dovuto si alle riforme, che però sono andate a scapito dei più deboli e che la Germania ha attuato una politica deflazionistica, tesa al controllo dell' inflazione mediante la compressione dei salari, in modo da poter praticare un mercantilismo spinto, in particolare verso il resto d' Europa.

Infatti da quando c'è l' euro, la Germania si trova costantemente in surplus commerciale, ma non un solo euro di questa ricchezza è entrato nelle tasche dei lavoratori, che infatti hanno visto ridursi il potere d' acquisto reale dei loro salari, di un 7% in dieci anni, mentre sono aumentati in maniera esponenziale i salari alti e altissimi e i profitti d' impresa.

Germania: report sulla povertà, prima censurato e poi scoperto

Esce allo scoperto uno report sulla povertà della Germania, censurato dal governo tedesco. Scottanti rivelazioni....

La storia la racconta il Business Insider. Nel settembre scorso, il ministro del Lavoro tedesco ha mandato un report dal titolo "Povertà e ricchezza" ai suoi colleghi di governo. Una ricerca consistente, di oltre 500 pagine, destinata a rimanere riservata tranne un riassunto finale.

Inutile dire che il documento è poi trapelato, e il contenuto è apparso scottante: descrive una realtà sociale che ogni anno si aggrava.

Nel 1998, ad esempio, il 50% più povero della popolazione tedesca possedeva il 4% della ricchezza, mentre il 10% più ricco possedeva il 45%. Nel 2008, il 50% più povero è arrivato a possedere appena l'1%, mentre il 10% più ricco ha toccato quota 53%.

Non solo: anche il numero dei poveri in Germania ha continuato a salire: nel 2008 il 15,5% dei cittadini, nel 2010 il 15,8. Tra coloro che vivono da soli, o tra i genitori single, arriva fino al 37%. La soglia di povertà in Germania è a 940 euro.

Ma la cosa più interessante è che il report è stato censurato nella versione consegnata alla stampa, e censurato sostituendo l'originale con balle belle e buone. Leggete questo scottante periodo:

"Mentre i salari più alti sono cresciuti negli ultimi 10 anni, quelli più bassi sono crollati. La forbice salariale è aumentata, e questo potrebbe urtare il senso di giustizia della gente e mettere a rischio la coesione sociale."

Decisamente troppo osé, e poi cosa penserebbero gli italiani che ritengono che l'operaio tedesco nuoti nell'oro nel Paese di Bengodi? Così, ecco la versione edulcorata per la stampa tedesca:

La discesa dei salari è l'espressione di miglioramenti strutturali del mercato del lavoro, e ha creato tante opportunità per i disoccupati.

Voilà, il solito blabla dei robi strutturali che suona sempre bene è servito. Poi si sono operati interi tagli, come la frase in cui si riportava: "Nel 2010 oltre quattro milioni di persone hanno lavorato per meno di 7 euro l'ora". Zac! Via, non si deve sapere.

Nel governo e nell'opinione pubblica tedeschi è scoppiato un bel cancan. D'altronde, non è bello che un governo tenti di nascondere la verità sotto il tappeto. In Italia, invece, neanche una parola: ciò che è davvero scottante, qui, non è che in Germania si pratichi la censura. E' che in Germania ci siano poveri, salari miserabili, rischio di crisi sociali. Quello proprio non si deve sapere.

crisis.blogosfere.it




2 commenti:

  1. Ci sono due paesi: A e B.

    Per ogni 100 persone tra i 15 e 64 anni, il paese A offre meno di 56 posti di lavoro, mentre il paese B ne offre più di 72 (+16/100).

    Ma attenzione: dei posti di lavoro aggiuntivi che il paese B è in grado di offrire, ca. 2/3 sono part-time, con una media di 18-20 ore di lavoro a settimana.

    Il salario di questi impieghi part-time è piuttosto basso, nell’ordine dei 450 €, ma viene integrato da un reddito minimo di cittadinanza. Principalmente si tratta di posizioni poco qualificate nell’ambito dei servizi (es. distribuzione commerciale, ristorazione, assistenza, pulizie etc.). Non è molto, ma per una parte di quei lavoratori va bene così, perché si tratta di studenti o di donne che dividono il loro impegno tra lavoro e famiglia. Per gli altri lavoratori che aspirerebbero ad un’occupazione a tempo pieno (verosimilmente la maggioranza), va comunque meglio che nel paese A dove mancano sia il lavoro che le forme di sostegno al reddito.

    Passando a considerare i lavoratori a tempo pieno, il paese B offre oggi salari superiori in media del 30% rispetto a quelli del paese A, con un costo della vita confrontabile, oltre ad una legislazione del lavoro non meno tutelante di quella del paese A.

    Negli ultimi anni i salari del paese B sono cresciuti poco o niente in termini reali, ma l’occupazione ha tenuto ed anzi è aumentata. Nel paese A i salari reali sono invece cresciuti un po’ di più anche se adesso stanno flettendo, a causa della recessione e dell’aumento della disoccupazione.

    Secondo voi i lavoratori che vivono nel paese B sono disposti a fare cambio con quelli del paese A ?

    Un cordiale saluto.
    Emilio L.

    PS gentile Mr N€uro, mi sento in dovere di avvertirla che questo commento Bagnai non lo ha voluto pubblicare su Goofy... credo per il bene dei suoi lettori. Per favore, me lo mi saluti. Grazie

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  2. Non lo ha pubblicato perchè giustamente rivendica la proprietà del blog ed il suo diritto di non fare entrare ospiti indesiderati in casa propria, io ho deciso fin dal principio di non moderare i commenti, tanto come la penso mi sembra si possa evincere dalla linea editoriale del blog, per il resto siete liberi di dire quello che volete, mantenendo per cortesia sempre un atteggiamento costruttivo nel rispetto di tutte le opinioni, come del resto hai fatto tu, anzi spero che il blog venga conosciuto sempre più e che si animi di commenti.

    Entrando nel merito, se fossi un operaio della Wolksvagen, con un contratto di lavoro di vent' anni fa, probabilmente non farei mai a cambio, ma la realtà dei fatti è lungi dall' essere come l' hai dipinta tu.

    Le dinamiche salariali vanno viste sul periodo medio lungo, è indiscutibile che la tendenza in Germania è verso la desindacalizzazione, la precarizzazione e una forte segmentazione del mercato del lavoro, i famigerati minijob non riguardano solo donne e studenti o salariati a bassa istruzione, attualmente sono 7,5 milioni in crescita e ti ricordo che ancorchè integrati da sussidi, sono salari che non pagano contributi previdenziali, le ripercussioni di questa politica si vedranno quando intere generazioni di persone anziane non avranno di che sostentarsi.

    Daltronde che la direzione intrapresa sia questa è confermato dal rapporto Eurostat del 20 dicembre 2012, la Germania con il 22.2 % ha la quota piu' alta di lavoratori con un basso salario di tutta l'Europa occidentale. In Francia sono solo il 6.1 %, nei paesi scandinavi fra il 2.5 % e il 7.7 % mentre la media dell'Eurozona è del 14.8 %.
    E non è neanche vero che questi lavori si concentrino nei servizi, vengono registrati in questa categoria da parte degli statistici, semplicemente perchè passano attraverso agenzie di lavoro interinale che offrono lavoratori a progetto o in affitto, ivi compresi però operai per catena di montaggio ad Audi e Wolksvagen che arrivano a percepire fino a 800 € meno di un operaio pari grado regolarmente assunto.

    Comunque non devi credere certo a me, ma magari puoi credere a due autorevoli rappresentanti dell' establishment europeo:

    Laszlo Andor: Commissario Ue agli Affari Sociali
    http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=169559

    Roland Berger: superconsulente economico di Angela Merkel
    http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/04/Berger_fate_come_tedeschi_nel_co_9_111204017.shtml

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